Ploaghe

Ploaghe: un piccolo centro che conserva i segni di un passato prestigioso

Il comune di Ploaghe si trova nella regione geografica del Logudoro, a circa 40 chilometri da Sassari. Situato a più di 400 metri sopra il livello del mare, sorge alle pendici di un vulcano spento, il monte San Matteo. Il piccolo centro del Nord Sardegna, che conta meno di cinquemila abitanti tra la fine dell’anno Mille e il 1500 è stato sede vescovile e in epoca giudicale capoluogo di curatoria. L’importanza che Ploaghe ha rivestito all’epoca è testimoniata dalla presenza di splendidi monumenti, soprattutto chiese che ancora oggi ne raccontano il glorioso passato.

Nel cuore del paese, affacciato su una bella piazza si erge il palazzo municipale, che un tempo era il monte granatico. Sulla stessa piazza di Ploaghe, originariamente chiamato chiamato Plouake o Plouaki, sorgono l’ex cattedrale di San Pietro apostolo risalente al XV secolo, ma che ha subito nel corso tempo numerosi rifacimenti, con gli oratori di Santa Croce e del Rosario rispettivamente del XVI e del XVII secolo, e la casa parrocchiale che da sola merita una visita in quanto ospita la Quadreria Spano. Si tratta di una collezione di dipinti risalenti a un periodo tra XIV e XIX secolo, raccolti dal Canonico Giovanni Spano. Il celeberrimo studioso, archeologo, linguista, etnologo, docente universitario, originario proprio di Ploaghe, raccolse le 26 opere di celebri artisti operanti in Sardegna o provenienti da varie regioni italiane, Fiandre e Spagna.

Di grande importanza anche l’archivio parrocchiale che conserva scritti rari, libri e documenti antichi. Merita una visita anche il cimitero monumentale, il primo costruito nell’Isola dopo l’editto di Saint Cloud: conserva lapidi scritte in logudorese. Altre quattro chiese, a sottolineare l’importante ruolo di Ploaghe dal punto di vista religioso, altre quattro chiese, Valverde, del Cristo Re, di San Sebastiano e di San Timoteo. A breve distanza dall’abitato poi si trovano la chiesa e il convento di sant’Antonio da Padova, costruiti a metà XVII secolo.

Ma ciò che non si può assolutamente perdere, se ci si trova a Ploaghe, è la visita alla chiesa di San Michele di Salvennor. Anche se purtroppo nel corso dei secoli ha subito alcuni restauri che ne hanno alterato parzialmente l’aspetto, questa chiesa rientra a pieno titolo tra gli esempi più belli di romanico sardo. Nella chiesa, bicroma, costruita in calcare e pietra vulcanica, si possono identificare due fasi costruttive.

La prima si caratterizza per l’uso di una tecnica propria degli edifici sardi tra la fine dell’XI e gli inizi del XII secolo, con utilizzo di cantoni in calcare di piccola e media pezzatura nelle absidi, in facciata e nei fianchi. La seconda si può individuare nella sacrestia, a filari di conci calcarei regolarmente alternati a filari di conci di pietra vulcanica. All’edificazione partecipano le maestranze operanti nella vicina Sant’Antonio di Salvenero, nel primo quarto del XIII secolo.

La chiesa, costruita all’interno del villaggio di Salvénero, abbandonato alla fine del Settecento, viene menzionata per la prima volta in un documento del 1138: relativamente al titolo “beati Michaelis de Salvenero” legato a un’abbazia dipendente dai monaci benedettini di Vallombrosa. Di piccole dimensioni, ha pianta a croce “commissa”, con aula mononavata e transetto con tre absidi. La navata ha copertura in legno, mentre i bracci del transetto sono voltati a crociera, con quello rivolto a Nord-est collegato alla sacrestia. La facciata ha robuste paraste d’angolo ed è ripartita in tre specchi, con un oculo in asse con il portale e una luce cruciforme.

Il territorio di ploaghe però ha una storia molto più antica: si contano infatti nella zona ben 70 insediamenti di epoca nuragica. In particolare il nuraghe De Planu, detto anche di Don Micheli che fu oggetto di scavi e di studi anche da parte del Canonico Spano. Durante diverse campagne di scavi furono rinvenuti frammenti di vasi con manici di forme diverse, e una matrice scavata al centro, frammenti di stoviglie, ossa umane ed una tomba ad incinerazione, un pugnaletto di bronzo, alcuni frammenti di treppiede da fornello, alcuni tegami decorati a pettine, e ciotoline, riferibili ad un periodo compreso tra il XV e il IX secolo.

Un altro importantissimo sito archeologico di Ploaghe è quello della tomba di Giganti di Fiorosu, tra le maggiori, per dimensioni dell’esedra, della Sardegna. Misura complessivamente 22 metri, l’esedra ha una lunghezza di corda di 18 metri e rimangono quasi tutti i massi, piantati a coltello, alcuni molto alti. Il corridoio funebre è coperto da lastroni orizzontali uno dei quali, mancante, permette di vedere l’interno della tomba, la cui sezione è rettangolare.

Ubicata su una collina nella zona denominata Serras, vicino ai resti del nuraghe Frades Mareos, a cui si arriva tramite una strada sterrata che si collega all’uscita del paese per Chiaramonti, si trova infine la fonte sacra di Frades Mareos. Ancora in buone condizioni, nonostante sia stata più volte manomessa nei suoi elementi architettonici di base, è costruita con blocchi di trachite di medie e grandi dimensioni, ha un corridoio lastricato con massi regolari, che precede il vano circolare a tholos, con volta a cupola, dove è racchiusa la vena d’acqua. Il corridoio, originariamente, doveva essere provvisto di sedili collocati lungo le pareti laterali, e l’apertura che permette l’accesso alla cella, attualmente quadrangolare, in origine doveva essere trapezoidale.

A cavallo di ferragosto si tiene la sagra della pecora con musica, stand enogastronomici e degustazioni che fin dagli anni ’80 quando è nata, attira un gran numero di turisti e visitatori.

Comune di Ploaghe